Secchiano ha origini incerte e difficilmente individuabili anche se si può per certo affermare che già in epoca romana esisteva all’incontro della confluenza del fosso di Valmena con il torrente Bosso una villa romana. Villa per gli antichi romani, molto spesso, identificava quella che noi oggi chiameremmo “fattoria” ovvero una casa padronale, granai, stalle, fornaci, forni e tutto ciò che serviva per un’autosufficienza di un gruppo di persone più o meno numeroso composto da famiglie di contadini, servi, pastori, schiavi che lavoravano i campi. La posizione è plausibile e possibile: pochi chilometri da Cales e dalla via Flaminia, raggiungibile con un percorso praticamente in pianura e con la possibilità anche di utilizzare,forse, la via d’acqua costituita dal torrente Bosso per il trasporto verso Cales delle merci prodotte dalla fattoria. E' inoltre da considerare che i romani, una volta tracciata una via consolare procedevano poi a "esplorare" e collegare i territori circostati con dei diverticoli, ovvero delle strade secondarie, che correvano lungo le valli laterali e possibilmente lungo i fiumi.(vedi ad esempio cartina - F.Uncini La viabilità antica nella valle del Cesano pag.22- delle strade nel versante della Flaminia verso Pergola). Oltretutto una strada Cales, Secchiano, Fosto, La Rocca, Piobbico avrebbe costituito una valida alternativa e, dico io, scorciatoia verso la strada che dalla Flaminia passava attraverso Pitinum Metaurense (le attuali Pole nei pressi di Acaualagna) ed arrivava a Piobbico per poi valicare l'Appennino a Bocca Serriola. Prova dell’esistenza di tale insediamento è rappresentata da un mosaico pavimentale, probabilmente della casa padronale, emerso durante gli scavi delle fondamenta di una casa in località Palazzo – e anche il toponimo Palazzo è significativo – e subito ricoperto. Da quel poco che è emerso era ravvisabile la figura di un cavallo nero su fondo bianco di buon pregio e di cui credo nulla resti se non il ricordo. Durante il periodo romano barbarico tutta la zona, che era zona di confine tra i romano bizantini e i regni barbarici dovette probabilmente essere oggetto di conquiste alterne tra gli uni e gli altri. A quest’epoca potrebbe risalire il toponimo di Campalotta (campo della lotta) nei pressi del Mulino di Secchiano anche se qualcuno vorrebbe addirittura farlo risalire a qualche scaramuccia tra i romani di stanza a Cales e qualche Cartaginese dell’esercito di Asdrubale in cerca di scampo dopo la battaglia del Metauro avvenuta nel 207 a.c. poco distante. Non bisogna comunque dimenticare che non lontano (a Gualdo Tadino) si svolse la battaglia di Tagina nel 552 d.c. dove i romano-bizantini sconfissero definitivamente i Goti di Totila e che nell’esercito del vincitore Narsete militavano anche i Longobardi che, subito dopo la vittoria, vennero congedati ed è anche possibile che a qualcuno di loro, come usava all’epoca, sia stato assegnato, a compenso per il servizio militare reso, un qualche appezzamento di terreno da coltivare nella zona circostante. E’ comunque un dato di fatto che nel 568 arrivarono in Italia i Longobardi che conquistarono e occuparono molti dei territori a noi vicini, visto che i bizantini avevano lasciato senza alcuna difesa l’Esarcato di cui Urbino e Cagli erano bastioni fondamentali. Urbino fu assediata dai Longobardi e cadde nel 570. In questo periodo i Longobardi probabilmente si insediarono nel nostro territorio in nuclei autonomi, composti di tribù, gestite da gente mercenaria, atta a fare la guerra, a saccheggiare e pronta a contrastare i Bizantini. Tali insediamenti collocati sulle alture montane avevano una struttura primitiva, con steccati, torri di legno ed erano gestiti da famiglie protette dai duchi, ma completamente autonome. I primi anni della presenza longobarda in Italia furono caratterizzati da una grande mobilità e da una costante ricerca di territori da conquistare e depredare. Dopo questo primo momento d’occupazioni militari , furono consolidati gli insediamenti territoriali in maniera massiccia. Paolo Diacono parla di Hospitalitas, cioè del tipico sistema abitativo dei barbari. E' solo con Autari(a.584) che l'invasione divenne realmente occupazione e che i vari contingenti si stabilizzarono nelle diverse località. Naturalmente furono occupati prima di tutto i luoghi d’importanza strategica: i castelli limitanei che furono già goti e bizantini , le città fortificate, le valli e i passi , i ponti e i nodi stradali. Nacquero le fare (far-an o farhen) nome col quale si designava la famiglia dominante e il luogo dove essa dimorava. All'origine era un accampamento militare situato ai margini delle città, in prossimità delle mura e delle porte d’accesso. La fara era il nucleo gentilizio armato, l'aggregato familiare(clan) o plurifamiliare che basava la propria compattezza sul legame di parentela e di sangue. L'esercito longobardo all'inizio dell'invasione in Italia era composto di fare. Comunque sia di influsso longobardo nella zona restano alcuni toponimi come Massa che in lingua longobarda indicava un insieme di fondi agricoli intorno ad un castello, e le odierne Tanelle – appezzamento boschivo sopra la località detta il Ponte – potrebbe derivare il nome dalla parola “ tanna” che in longobardo significava quercia. Restano poi ancora parole tipicamente dialettali secchianesi che hanno una sicura derivazione longobarda come brozz (in longobardo germoglio, in secchianese piolo); balz (in longobardo collana montuosa, in secchianese dirupo montuoso); sturza (in longobardo gioco, in secchianese scherzo), an-baths (in longobardo gruppo di 4 o 5 animali da soma, in secchianese ambasciata = gruppo di 4 o 5 muli) per non citarne altri che peraltro sono comuni anche ad altri dialetti. Per finire, lo stesso cognome Faraoni, molto frequente e di antica origine a Secchiano, potrebbe derivare dal termine longobardo” farhen” che, come già indicato in precedenza, significava clan, gruppo familiare, ma anche “insediamento di una comunità di viaggio longobarda” (Treccani). Prova certa comunque della presenza longobarda in zona è un documento delle Carte di Fonte Avellana in cui il 15 novembre del 1082 veniva registrato un atto di vendita secondo la legge longobarda di quattro moggi di terra siti nel comitato di Cagli “«Nos qui sumus Gozo et Ammizo et Bernardo, germani filii quondam Iohannes, que nos sumus de nacione(m) Langubardorum […], secundum nostra(m) legem Langubardorum, vindimus […] ad vobis Giso, filio quondam Rodulfo et Britto, filio quondam Girulgo […], res nostra propria qui nos abemus infra comitatu Calense […]». Durante il periodo del monachesimo diverse località intorno a Secchiano furono elette da eremiti a luoghi di raccoglimento e preghiera come ancor oggi testimoniano i toponimi di Eremita, a circa metà strada tra Secchiano e Pianello, e la fonte dell’Eremo sita sulla Montagnola dove, proprio sull’orlo delle balze che sovrastano Via Stratta, si sono rinvenuti i resti di un manufatto isolato di un'unica stanza in cui, scavando nella pavimentazione, sono stati rinvenuti cocci di suppellettili e monete in rame. E' anche possibile che tale costruzione fosse non un eremo ma una torre di guardia mentre l'eremo sarebbe stato proprio nei pressi della fonte (vedi cartina dei possibili castelli longobardi e bizantini lungo il cosiddetto corridoio bizantino) Si dice anche che in qualcuno di questi luoghi abbia soggiornato per qualche tempo San Romualdo, fondatore dell'abbazia di Sitria non distantissima, e per certo molto presente nell’appennino Umbro/Marchigiano intorno all’anno 1000. Nel frattempo, probabilmente, l’iniziale nucleo intorno al vocabolo Palazzo – Ca Gioanni, si era esteso e durante il periodo medioevale erano state costruite almeno due case-torri una in località Palazzo e una in località Secchiano (foto L. Poggiani vedi Bibliografia) che sopravvivono ancor oggi e sono adibite a civile abitazione. Le case-torri venivano per lo più costruite ed impiegate in zone di difficile accesso durante il medioevo per presidiare ed all'occasione difendere, con forze esigue ma efficacemente, un passo o un punto strategico in aree montagnose o costituite da rilievi importanti ma anche su crocevia o direttive da controllare. Parallelamente alla funzione tattica militare erano anche utilizzate come abitazioni "padronali" attorno alle quali spesso veniva a crearsi un sistema di abitazioni satellite o anche di agglomerati urbani. Non si sa quando gli abitanti di Secchiano decisero di spostare il centro del paese dal Palazzo a quella zona in cui oggi è ubicata la chiesa parrocchiale dedicata a San Cristoforo e Nicolò abbandonando la primitiva chiesetta situata a ridosso della casa-torre del Palazzo sul sentiero che portava verso il fiume Bosso. Potrebbe aver concorso a questa decisione, oltre la necessità di trovare altri spazi, la gravissima epidemia di peste che afflisse l’italia settentrionale ai primi del 1600 e che il Manzoni descrive nei Promessi Sposi. Forse non è un caso che, sempre in località Palazzo e sempre in occasione dello sterro per le fondamenta di una abitazione, siano emerse numerose tombe , anche con inumazione plurima, risalenti, a quanto sembra, al periodo intorno al 1600. Un dato comunque certo è che nel 1635 la chiesa attuale era stata edificata tanto che, sopra l’altare di destra è stata posta una pala d’altare rappresentante la Madonna del rosario di autore ignoto e che comunque a me pare di più che buona fattura che reca la dicitura: “ Questo santissimo rosario è stato fatto fare da i huomini della villa de Secchiano al tempo del Molto Reverendo Priore Don Guglielmo Guglielmi in Cagli dell’anno 1635 addì 1 di Marzo”. Personalmente credo che questo “documento dipinto” segni oltre che il passaggio della centralità del paese dal Palazzo a Secchiano anche la prima testimonianza certa dell’esistenza di una comunità consociativa se non della stessa’università agraria. Unica traccia della primitiva chiesa del Palazzo è un quadro su tavola, gravemente danneggiato, che rappresenta una copia della “Madonna della seggiola” (1513) di Raffaello ora traslato nella chiesa parrocchiale e lì rimasto a deteriorarsi ulteriormente. E’ storicamente provato che le origini più prossime delle università agrarie si ritrovano nell'epoca delle dominazioni barbariche, quando, venuti meno i municipi romani col loro carattere politico, le popolazioni si ridussero a semplici aggruppamenti di fatto, cementati da una comunanza d'interessi economici. A queste universitates hominum vennero ad appartenere le terre non assegnate in proprietà privata e che restarono quindi come dominio collettivo: su di esse gli abitanti esercitavano collettivamente le facoltà di seminare, pascolare, tagliare legna, raccogliere erba, costruire capanne, ecc.; e molto spesso la partecipazione alla comunità col godimento dei diritti relativi era legata al possesso di una sors, cosicché le terre incolte venivano a costituire come un'appendice di quelle coltivate. Non avendo comunque prove certe di una esistenza dell’università secchianese in tempi anteriori potremmo far ascendere con buona approssimazione la nascita dell’Università intorno al 1600 e questo ne farebbe una delle Università Agrarie più antiche d’Italia. Il Presidente dell’Università è stato per molto tempo chiamato “Massaro” – ritorna una reminiscenza longobarda (massa=insieme di fondi agricoli) – e, insieme al Priore titolare della Parrocchia, era l’autorità principale della Villa di Secchiano. Decideva i “tagli” dei boschi quando la legna era l’unico combustibile per usi domestici e di riscaldamento e l’uso e lo sfruttamento dei pascoli quando l’allevamento del bestiame era una fonte di soste mento primaria per le famiglie. Amministrava i terreni dell’Università e ne gestiva gli introiti, stipulava accordi sullo sfruttamento dei terreni dell’Università e sul loro impiego. Tutto era regolato dalla parola d’onore e dalla stretta di mano, non esistevano nè verbali né contratti scritti e, fino ad un certo periodo, ovvero il 1888, non vi erano neppure leggi dello Stato che regolavano la materia. Per la verità occorre dire che anche dopo tale data e fino al 1927 crediamo che molti “Massari”, non solo secchianesi, non siano neppur stati sfiorati dall’idea che qualcuno avesse formulato una legge che regolava la gestione dell’Università. Crediamo che nella realtà secchianese poco sia successo anche dopo il 1927 per quel che riguarda la gestione dell’Università. Nel periodo della Grande Guerra del 15-18 numerosi furono i secchianesi che furono inviati al fronte e, in rapporto alla popolazione residente, numerosi furono anche i caduti, oggi ricordati, unitamente ai caduti della guerra 40/45, da un cippo posto al centro del paese. Durante il secondo conflitto mondiale Secchiano si è venuto a trovare, per evidenti ragioni geografiche, a stretto contatto con il margine inferiore della linea gotica. Il vecchio ponte che poco sopra il mulino di Secchiano attraversava il Bosso sulla strada tra Cagli e Secchiano è stato bombardato e distrutto dagli Alleati. Dopo l’8 Settembre alcuni giovani secchianesi si diedero alla macchia e fecero parte della Banda Panichi che confluì nella V Brigata Garibaldi “Pesaro”. Fu in quel periodo che il Priore Don Giuseppe Celli fu accusato di collaborare con i partigiani e di aver nascosto piloti alleati paracadutatisi in zona, e deportato a Mauthausen dove trovò la morte per mano nazista. Nello stesso periodo Samuele Panichi, partigiano con simpatie comuniste nonché capo della Banda Panichi, portò a Secchiano una intera famiglia ebrea, consegnandola perché la proteggesse……..a Virgilio Virgili notoriamente il più fervente sostenitore del "ventennio"in paese. I due infatti, al di là della militanza politica, erano amici e,almeno allora, dalle nostre parti probabilmente l’amicizia e il rapporto personale contava ben di più della politica. Dopo qualche tempo poiché Virgili aveva la casa proprio sulla strada, temendo che qualcuno potesse accorgersi degli “ospiti” cercò aiuto per continuare a tenere nascoste le tre persone che componevano la famiglia. Iniziò così una gara di solidarietà in tutto il paese che consentì di salvare l’intera famiglia che dopo essersi stabilita per un certo periodo a Roma, aiutata da un’altra famiglia secchianese , Domenico e Desolina Paruccini residenti nella capitale, si trasferì negli Stati Uniti nel 1950. Recentemente il nome della famiglia Virgili è stato inciso nel museo della Shoa tra i Giusti delle Nazioni e una particolare menzione è stata fatta per tutta la popolazione secchianese, ovviamente di allora. Da allora molto è cambiato: è arrivata la luce elettrica, l’acqua corrente dentro le case, la televisione, la strada asfaltata, le automobili, gli smartphone….. insomma è cambiato il tenore di vita. Qualcosa è cambiato anche nella gestione dell’università perchè sono cambiate le condizioni economiche ed il modo di vivere della società e, ovviamente, anche quello dei secchianesi. Adesso “la Villa” , come comunemente viene chiamata l’Università a Secchiano, si occupa ancora di legna, ma non la taglia più, la compra da un commerciante e la fa avere agli utenti ad un prezzo favorevole; i pascoli non sono più sfruttati dagli utenti ma vengono perlopiù affittati ad allevatori di bestiame anche di origine non secchianese. Oggi la Villa si occupa di portare il segnale TV nelle case dei paesani, di rendere fruibile Internet con una banda larga, di promuovere il territorio con iniziative turistico-ricreative.
BIBLIOGRAFIA:
Paolo Diacono – Historia longobardorum
F. Bossi – Sopravvenienze longobarde nell’appennino Tosco Romagnolo
C. Pierucci A. Polverari – Carte di Fonte Avellana
F. Uncini – www.fabrianostorica.it
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L. Poggiani – www.lavalledelmetauro.it
G. e M. Presciutti, G. Dromedari – Il corridoio bizantino al confine tra Marche e Umbria
www.evolution3D.it/mappe de il corridoio bizantino
E. Puletti – L’onomastica d’origine germanica nel Parco Naturale Regionale di Monte Cucco
P. Perfetti – I partigiani nella zona Catria – Nerone
G.Boiani e G. Bianconi – Il sogno del partigiano Sam (documentario sulla banda Panichi)
www.ilnuovoamico.it